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Tête-à-Tête

Stella Jean

08 giugno 2016

Figura di spicco della nuova generazione degli stilisti italiani, Stella Jean è un talento singolare e versatile.

Stella Jean - photo: Andrea Benedetti

Con le sue stampe a tutto colore in spirito "Wax & Stripes" e le sue silhouette studiate per sublimare le forme femminili, la designer italo-haitiana ha creato un universo ricco di richiami rétro e d’ispirazioni che arrivano da lontano, affermandosi come una vera ambasciatrice del movimento eco-responsabile. Intervista esclusiva con un futuro grande nome della moda.

Come descriverebbe il DNA del marchio Stella Jean?
Le mie radici culturali sono alla base del mio lavoro. I capi nascono dalla mia storia personale, riflettono il mio métissage di italo-haitiana e il sincretismo socio-culturale insito nella cultura creola. E’ importante mantenersi fedeli al concetto di base che, nel mio caso, si esprime nella volontà di conciliare universi vicini e lontani: un punto di partenza imprescindibile, supportato dalla necessità di veicolare, attraverso il mio lavoro, un nuovo concetto di multiculturalità.
Da dove trae l’ispirazione e quali aspetti della Sua vita influenzano le Sue collezioni?

Le mie origini, legate ai due paesi che identificano il mio essere, hanno sempre determinato il percorso che ho intrapreso fino a oggi. Tutto parte dal concetto di multi-cultura applicata alla moda. Ho finito di “litigare” da poco con le mie due anime così profondamente diverse. Sono italo-haitiana e non è stato né rapido né semplice trovare l’equilibrio e la piena coscienza di due culture così prepotentemente radicate. La moda mi ha dato la libertà di muovermi in un ambito delicato e fragile come quello dell’appartenenza e la possibilità di non dover più scegliere tra l’una o l’altra natura, facendole così ‘respirare’ entrambe, finalmente fiere e consapevoli. Lo step più duro è stato trovare il punto d’intersezione tra il rigore accademico del vecchio continente e l’esuberanza spontanea e solare della civiltà creola che affonda le sue radici in Africa, e dichiarare così al mondo “io sono questo”.
Ha delle icone di stile? Chi e per quali ragioni?
Il mio concetto di icona è poco conforme all’idea che il più delle volte viene associata a questa espressione. Le mie muse, le realtà che hanno sempre toccato le corde della mia sensibilità artistica e umana, da cui mi sono lasciata e mi lascio tutt’oggi ispirare, sono rintracciabili nelle comuni storie di donne straordinarie che raccontano, con dignità e con il duro lavoro, un mosaico creativo e culturale senza mistificazioni. Sicuramente nella vita mi hanno sempre ispirata di più oppressi, schiavi e prigionieri che regine o principesse.
Come si traduce nel beachwear la Sua personale filosofia di stile?
Il beachwear, così come ogni linea che realizzo, riflette pienamente i miei due mondi nelle loro espressioni artistiche e nelle cromie.
Nel processo della creazione cosa conta di più per Lei, materiali o tecniche? Ha delle materie d’elezione per la moda mare?
Dietro alle mie creazioni non ci sono solo programmi, applicazioni virtuali o ricerche di mercato. Ciò che conta di più per me sono le persone: con i loro gesti, le loro mani sapienti, le discussioni, i libri di storia, la letteratura, l’attualità e le contrapposizioni sociali. Il tutto parte da un ago e un filo, che si poggiano su un’idea.
Quali nuove tendenze ha integrato nella collezione Beachwear 2017?
Mi dispiace, ma non posso svelare nulla...
Nel 2016 corre il 70° anniversario del bikini: ha un ricordo o un’immagine particolari legati a questo capo?

La femminilità e l’eleganza in ambito acquatico di Annette Funicello.
Il capo beachwear che ama di più e perché…
Il must della collezione beachwear è il costume intero con balza e stampa ravanelli.
Qual è per Lei il top del cattivo gusto?
Gli uomini con i pantaloni a pinocchietto.
E a quando una collezione di intimo tutta Sua?
Chi può dirlo? Sono molto scaramantica, non parlo di cose che non ho ancora realizzato.
A quali fattori attribuisce il Suo successo come Business Woman e Designer?
Non amo parlare di “successo” o attribuirmi particolari meriti. In Stella Jean andiamo avanti per la nostra strada “misurando” l’impegno, la dedizione e il duro lavoro.
Come nasce il Suo impegno in chiave di sostenibilità, etica del lavoro e salvaguardia delle tradizioni locali?
Il punto di partenza del mio lavoro è dimostrare, attraverso un dialogo paritario di stili e un’efficace miscela fatta di esplorazione e sperimentazione, che non ci sono limiti agli abbinamenti e ai confronti culturali, se si cerca un punto di equilibrio e di sintesi tra realtà antipodali. La moda, oggi, più che sostenibile inizia a essere, gioco forza, consapevole. L’opinione pubblica, che ritengo abbia un grandissimo peso, in linea con l’evoluzione dei tempi chiede, volenti o nolenti, un cambio di rotta; e la moda, in virtù del forte impatto che ha sulle nuove generazioni, può giocare un ruolo cruciale.
Ritiene dunque che la moda possa dare una spinta decisiva al cambiamento?
La moda è un barometro sociale, e il nuovo approccio delle giovani leve, oggi senz’altro più attente ed educate ad accogliere, rispettare e condividere comportamenti etici, può apportare un valore positivo ad aziende giovani o più tradizionali. Credo inoltre che tutti, seppur lentamente, stiano prendendo consapevolezza del fatto che un nuovo approccio etico e sostenibile è oggi necessario e inevitabile. Personalmente, ho capito “sul campo” che la moda può davvero essere innovativa quando diventa un ponte fra culture diverse.
Quale eco trovano nella società attuale e nelle Sue collezioni i valori di métissage di cui si fa portavoce?
Viviamo in un mondo globalizzato, ma ciò non significa che le specificità culturali siano scomparse. Credo si siano solo spostate su orizzonti più ampi: le persone viaggiano, si spostano, cambiano paese e con sé portano un background culturale, contribuendo a internazionalizzare le loro culture di origine. E così si creano i miei look: sono abiti adatti a persone che vivono la dimensione del nostro tempo in maniera aperta, interessate a tutto ciò che si muove sulla scena internazionale, definendo la moda quale dialogo e confronto tra persone.



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