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Expo

Haute Dentelle

05 ottobre 2018

La mostra «Haute Dentelle», organizzata alla Cité de la Dentelle et de la Mode di Calais dal 9 giugno 2018 al 6 gennaio 2019, illustra il ruolo del pizzo tessuto su telai leavers nella moda ultra contemporanea

La mostra «Haute Dentelle», organizzata alla Cité de la Dentelle et de la Mode di Calais dal 9 giugno 2018 al 6 gennaio 2019, illustra il ruolo del pizzo tessuto su telai leavers nella moda ultra contemporanea. I couturier ne fanno la materia d’elezione al servizio del loro stile, e Haute Dentelle si propone di descrivere come declinano questo pizzo d’eccezione, così complesso ma così appassionante da utilizzare, così familiare e al contempo così poco conosciuto. Il pizzo, tessuto d’eccellenza, dialoga con la haute couture: Haute Dentelle era dunque attesa con impazienza. Vera istantanea sull’attualità del prodotto, si concentra sugli usi contemporanei del pizzo ai livelli più alti della moda, cioè l’haute couture e il prêt-à-porter di lusso. Quattordici maison francesi e internazionali sono state selezionate in base a criteri di pertinenza al tema e di diversità d’interpretazione. La rassegna mostra come i couturier facciano del pizzo tessuto materia di riflessione: sovrapponendolo e mixandolo, tagliandolo e abbinandolo... Haute Dentelle mette in luce le metamorfosi incarnate da questi pizzi diventati sculture mobili, svelando anche il savoir-faire attuale dei fabbricanti di pizzo francesi. Oggi più che mai, i produttori fanno del loro patrimonio un laboratorio di ricerca e fonte d’ispirazione creativa. La creatività si esprime su più livelli, dalla concezione alla finitura, passando per la tessitura: motivo, composizione, tintura e varie nobilitazioni. Tutto può diventare oggetto di reinterpretazione. Tradizione e innovazione, termini spesso fin troppo spesso utilizzati, acquistano qui tutto il loro significato.

Il pizzo dalle mani alle macchine
Fra tutti i tessuti, il pizzo è l’unico di origine europea. Infatti quello fatto a mano ha fatto la sua prima apparizione nelle Fiandre e nell’Italia settentrionale nel XVI secolo e da allora ha conservato, per i capi più elaborati, lo status di lussuoso tessuto ornamentale, la cui principale funzione è abbellire sfarzosamente le mîse dei più benestanti. Il pizzo è un tessuto la cui base e i cui motivi sono entrambi traforati. Due le tecniche messe a punto: da un lato, il «merletto ad ago» – realizzato con l’aiuto di una pergamena, di un filo e di un ago – e, dall’altra, il «merletto a fuselli», creato con l’aiuto di un tombolo e di un gioco di rocchetti. Il pizzo è dunque tanto apprezzato quanto costoso. Lungo e complicato da produrre, ha richiesto spesso un’organizzazione collettiva del lavoro, con più merlettaie che confezionavano le varie parti e poi le assemblavano. Il pizzo prodotto a Calais da quasi 200 anni è esclusivamente meccanico, ma all’inizio, prima di acquisire una sua autonomia, si è ispirato ai merletti fatti a mano. La meccanizzazione della produzione è iniziata a Nottingham, in Inghilterra, nel XIX secolo, per poi proseguire in Francia a Calais, Caudry e Lione. La meccanizzazione facilita la produzione del pizzo e la sua diffusione, senza per questo privarlo di una certa preziosità. Infatti, se la tecnica produttiva lo rende meno costoso, una vasta manodopera e un know-how sofisticato restano indispensabili per tesserlo. Questo savoir-faire gravita tutto attorno al telaio utilizzato, il telaio detto «Leavers».

I pizzi
All’inizio degli anni ’50 si contano una cinquantina di maison di haute couture e più di 150 fabbriche di pizzo, spesso di piccolissime dimensioni, soltanto a Calais, senza dimenticare le città di Caudry e di Lione, centri altrettanto importanti per la produzione di pizzi, in particolare quelli destinati all’abbigliamento. Ma con 1390 telai recensiti nel 1952 a Calais contro 400 a Caudry e 360 a Lione e a Saint Quentin, è la prima a potersi fregiare del titolo di capitale mondiale del pizzo meccanico. Nel 1955 compare il pizzo Raschel, un nuovo prodotto confezionato sui telai per lavorazione a maglia sviluppati dall’industriale tedesco Karl Mayer. Questa variante, di qualità tecnica ed estetica inferiore e dal prezzo molto basso in confronto al pizzo tessuto, è chiamata anch’essa «pizzo». Così, per differenziare i due tipi di produzione, nello stesso anno i professionisti francesi creano il marchio «pizzo di Calais». La presenza del pizzo nella moda è sempre stata fluttuante, soggetta alle evoluzioni dei canoni estetici che, a seconda dei momenti, rendono più o meno onore a questo tessuto. Oggi assistiamo a un’autentica infatuazione per il pizzo, presente tanto sulle passerelle moda quanto nel modo di vestire quotidiano. Le due tecnologie del pizzo tessuto e del pizzo a maglia riescono a soddisfarla, ma in modo diverso. La prima rivendica una tradizione bicentenaria mettendo la qualità, la creatività e l’innovazione al servizio del mercato del lusso, mentre la seconda perfeziona senza sosta gli strumenti tecnici..

Tutte le forme del pizzo
A quanto pare, oggi le caratteristiche intrinseche del pizzo, il maggiore o minore effetto di trasparenza e il motivo non bastano più per dare libero corso alla creatività di creatori e couturier. Nelle loro mani, il pizzo subisce numerose trasformazioni, da cui esce irriconoscibile. Può essere confuso con il ricamo, e altre tecniche imitano gli aspetti estetici, se non addirittura tattili, di questo tessuto. Inoltre, è piuttosto «l’effetto pizzo» a piacere e a ispirare, senza particolare attenzione alle tecniche di produzione (tessitura, lavorazione a maglia, laser, ricamo, stampa, 3D). Il pizzo funge da fonte d’ispirazione al di là della moda: quest’ultima incoraggia la creazione multidisciplinare nell’architettura, nel design d’interni, nella creazione di mobili, nel vasellame, nella produzione di carta, nella gioielleria e nelle arti figurative, anche se questo entusiasmo generale non va a vantaggio dei produttori di pizzo di fascia alta. In effetti, il pizzo tessuto rappresenta infatti solo una minima parte del consumo, mentre il tipo più richiesto è quello a maglia. Oggi la maggioranza dei consumatori, se non addirittura dei commercianti e dei professionisti della filiera tessile, non fa distinzione tra le due categorie. Poche scuole di moda e di design includono il pizzo nei programmi d’insegnamento, perchè è un materiale di grande complessità tecnica, difficile da lavorare e molto oneroso. Così i futuri designer e creatori di moda che non hanno potuto sperimentare le possibilità inventive offerte dal pizzo di alta gamma durante la loro formazione non si orientano spontaneamente verso questo tessuto. La situazione è ancora più desolante fuori dall’Europa, che ha dato i natali a questo tessuto. La sfida più grande è dunque far scoprire il pizzo tessuto agli studenti, futuri attori dell’universo moda e design.

Svelare l’invisibile
Haute Dentelle occupa i 565 mq della galleria riservata alle esposizioni temporanee. Il percorso si compone di 14 vetrine che presentano 65 capi d’abbigliamento appartenenti alle preziose collezioni di 14 tra le più prestigiose maison francesi e internazionali, da Chanel a Valentino passando per Ralph&Russo e Viktor&Rolf. L’allestimento propone così un quadro rappresentativo dei diversi utilizzi del pizzo meccanico nella creazione contemporanea. I modelli provengono tutti dalle sfilate degli ultimi 5 anni e, salvo due eccezioni, vengono presentati per la prima volta al grande pubblico. Ciascuna vetrina, interamente dedicata a una sola maison, mette in luce l’originalità stilistica dell’azienda. Questa selezione di creazioni sottolinea i rapporti delle case di moda con il pizzo, nel tempo e nello stile: storia di lunga data o incontro effimero, materiale prediletto o tessuto utilizzato in quella collezione. E' così che ogni vetrina fa da sfondo a un gesto identitario forte. Questo corpus inedito è arricchito da video di sfilate, foto, campioni di pizzo dei capi esposti e pizzo lavorato secondo vari procedimenti da uno dei più famosi laboratori che operano al servizio della haute couture, la Maison Lemarié. Glossario e cronologia forniscono spunti di riferimento al visitatore. Le legende dei capi di abbigliamento mettono l’accento sulla duplice creatività, quella delle case di moda ma anche – ed è cosa rara – quella delle aziende produttrici. Il fornitore viene infatti identificato e il pizzo, la materia prima, documentato. Questo lavoro di identificazione svela i retroscena della creazione, del dialogo tra fornitore tessile e direttore artistico: dal pizzo disegnato in esclusiva per la maison a quello sottoposto a molteplici manipolazioni fino a diventare irriconoscibile, passando per quello esaltato nella sua versione originaria. Il visitatore ha il privilegio di intravedere questi segreti della produzione, solitamente protetti dalla più stretta riservatezza. La chiave è anche definire i concetti di novità, di creazione, di esclusività, di ricerca e sviluppo, di collezione. Ci sarà, per esempio, l’occasione per mostrare come un pizzo creato negli anni ’30, rimesso in collezione nel 2015, sia stato scelto da un couturier per sfilare sulle passerelle nel 2017.

Toccare con gli occhi
Profonde scatole-schermo, le vetrine senza vetro, oltre a facilitare gli scatti fotografici – ammessi senza flash – permettono di ammirare i capi esposti senza il fastidio dei riflessi di luce. Il dispositivo offre al pubblico la libertà di contemplare il capo da vicino, nella complessità dell’insieme, e non più solo nella sua forma. Infine, il visitatore ha l’opportunità di scoprire nel dettaglio abiti di haute couture che, in alcuni casi, hanno richiesto fino a 1000 ore di lavorazione. È un’occasione unica. Del resto, cosa si vede realmente quando si assiste a una sfilata, dove decine di capi vengono presentati a tutta velocità, anche se si ha la possibilità di essere in prima fila? L’onnipresenza digitale dell’immagine di moda non sostituisce la possibilità di rapportarsi all’abito nella sua tridimensionalità. Il tempo sospeso della mostra offre invece questa esperienza sensoriale.

Photos: Fred Collier

La storia del pizzo in 10 tappe

1535 circa Il merletto, un’invenzione tessile europea, fa la sua comparsa in Italia e nelle Fiandre, declinato nelle varianti ad ago e a fuselli. Questo tessuto costosissimo è stato a lungo confezionato dalla sola azione delle mani delle merlettaie.
1809 Invenzione del telaio da tulle detto «bobbinet machine» da parte dell’inglese John Heathcoat a Nottingham (Gran Bretagna). Il tulle meccanico viene ricamato per dare l’illusione di un pizzo fatto a mano.
1813 Invenzione del telaio per tessere il pizzo da parte dell’inglese John Leavers. Più lento ma più preciso, il telaio Leavers riesce a imporsi.
1816 Arrivo a Calais dei primi telai, fatti entrare clandestinamente attraverso la Manica, consegnati in pezzi separati. Caudry seguirà la stessa strada dal 1823.
1834–1841 Perfezionamento del telaio grazie al sistema Jacquard, che permette di produrre meccanicamente dei motivi sul tulle. Questa rivoluzione tecnologica consente la nascita dell’industria del pizzo meccanico, che imita sempre meglio quello a mano.
1855 Esposizione universale a Parigi: la Fabrique de Calais mostra l’uso di un telaio dal. Questa prima esposizione universale francese accoglie più di 5 milioni di visitatori.
1910 Diversi produttori di Calais e di Caudry vengono premiati all’Esposizione universale di Bruxelles. Il pizzo meccanico sostituisce quello a mano, complici i grandi magazzini di Parigi, che giocano sulla confusione tra i due prodotti. L’industria del pizzo a mano praticamente scompare con l’inizio della Prima guerra mondiale, per diventare artigianato artistico.
1955 Invenzione del telaio Raschel da parte del tedesco Karl Mayer, che produce un pizzo a maglia, anziché tessuto come il Leavers. Si delineano dunque due filiere di produzione del pizzo meccanico, «tessitura» e «a maglia». Seguiranno altri telai ulteriormente perfezionati per la realizzazione del pizzo a maglia: lo Jacquardtronic (1982) e il Textronic (1991). Inizialmente piatto e grossolano, il pizzo a maglia punta a imitare da vicino il Leavers acquisendo definizione e rilievo.
1958 Creazione del marchio Dentelle de Calais® da parte della Fédération Française des Dentelles et des Broderies (sindacato fondato nel 1935) al fine di distinguere l’autentico pizzo tessuto fabbricato in Francia ed evitare ogni confusione con quello realizzato a maglia secondo un procedimento di nuova invenzione. Nel 2015 il marchio collettivo diventa Dentelle de Calais-Caudry®.
2018 In Francia, la tutela del savoir-faire del pizzo meccanico è legata alla quindicina di manifatture specializzate (contro la quarantina ancora esistente nel 2001 e le 230 degli anni ’50) e dai 650 telai Leavers presenti nell’Alta Francia, sui 1000 censiti in tutto il mondo. 12 telai Leavers sono conservati nelle collezioni pubbliche, suddivisi tra i musei di Calais e di Caudry. Le dimostrazioni effettuate su queste macchine di ghisa rivelano quanto questo pizzo sia riconducibile all’arte industriale e quanto sia importante la mano dell’uomo.
 

LEGENDA FOTO GALLERY

1. Abito con volant di pizzo Leavers Chantilly. Collezione haute couture P/E 2017 “Caducité” Christian Dior Couture [pizzo Solstiss] © Dior
2. Abito in mussola di seta e pizzo leavers Chantilly. Collezione Couture P/E 2016 Alberta Ferretti (pizzo Solstiss e altri pizzi non identificati) © Robin
3. Gonna in pizzo Leavers intagliato a mano. Collezione haute couture P/E 2015 Chanel [pizzo Solstiss] © Chanel, Karl Lagerfeld4. Giacca e gonna in tulle e pizzi riciclati. Collezione Haute Couture A/I 2016-2017 © Viktor&Rolf
5. Abito in pizzo Leavers rebrodé con perle e piume. Collezione Couture A/I 2017-2018 Zuhair Murad [pizzo Sakae Lace] © Zuhair Murad
6. Abito in pizzo Leavers a motivi organici (macrofotografia di lacrime). Collezione Haute Couture A/I 2017-2018 «I vasi comunicanti” Schiaparelli [pizzo Darquer] © Schiaparelli
7. Abito in jersey e pizzi Leavers. Collezione Haute Couture A/I 2013-2014 «Aphrodite» Yiqing Yin [pizzo Sophie Hallette] © Shuji Fujii
8. Abito in pizzo Leavers siliconato e tulle. Collezione Haute Couture A/I 2013-2014 “Germinal” Yiqing Yin [pizzo Sophie Hallette] © Shuji Fujii
9. Completo giacca smoking e pantaloni in pizzo Leavers. Collezione Couture A/I 2012-2013 Maison Margiela [pizzo Sophie Hallette] © Robin
10. Abito in pizzo Leavers. Collezione Couture A/I 2016–2017 Alberta Ferretti [pizzi Méry] © Robin
11. Abito in pizzo Leavers rebrodato su macchina Cornely. Collezione prêt-à-porter P/E 2016 Balenciaga [pizzo Solstiss] © Robin
12. Abito in pizzo Leavers rebrodato a mano. Collezione Haute Couture P/E 2016 Chanel [pizzo Solstiss] © Robin
13. Abito con applicazioni di pizzo Leavers. Collezione Couture P/E 2016 Alberta Ferretti [pizzi Solstiss e altri non identificati] © Robin
14. Abito in pizzo Leavers mixato con pizzo in pelle tagliato al laser. Collezione prêt-à-porter P/E 2016 Iris van Herpen [pizzo Darquer] © Robin
15. Abito in pizzo Leavers Chantilly rebrodato a macchina con fili di lurex. Collezione Cruise 2018 Louis Vuitton [pizzo Solstiss] © Robin
16. Abito in tulle e pizzo Leavers e cappa di piume di struzzo. Collezione Haute Couture P/E 2014 [pizzi Marco Lagatolla e Sophie Hallette] © Valentino
17. Abito (dettaglio) con applicazioni di pizzo Leavers. Collezione Couture A/I 2014-2015 Alberta Ferretti [pizzi Solstiss e altri non identificati] © Robin
18. Abito (dettaglio) in pizzo Leavers rebrodato a mano. Collezione Haute Couture P/E 2016 Chanel [pizzo Solstiss] © Robin
19. Gonna (dettaglio) in pizzo Leavers intagliato a mano. Collezione Haute Couture P/E 2015. Chanel [pizzo Solstiss] © Chanel, Karl Lagerfeld

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