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Tendenze

Smart work dressing: moda e semiotica del vestire in quarantena

05 maggio 2020

Un recente studio ha analizzato attraverso i principi della semiotica e dell’antropologia il modo di vestire degli italiani per lavorare da casa in fase di lockdown. E il quadrato semiotico rivela che...

La quarantena ha modificato il nostro modo di vestire per lavorare? E, se sì, i mutamenti introdotti sono qui per restare, almeno in parte? Quali effetti qualitativi dobbiamo aspettarci come conseguenza del boom quantitativo delle app per la videoconferenza e del loro utilizzo?

Per rispondere a queste e ad altre domande, XChannel – la prima società di marketing e comunicazione crosscanale in Italia – ha utilizzato un approccio quanti-qualitativo, basato su tre pilastri: i big data per analizzare la rete, la semiotica generativa per creare e leggere i contenuti all’interno di uno specifico ambito socio-culturale e infine la netnografia per indagare il contesto in cui interagiscono i consumatori.

L'INDAGINE NETNOGRAFICA

Semiotica e moda: una combo insolita? Solo all’apparenza: “La semiotica ha una lunga consuetudine con le ricerche sui trend e sulla moda, che parte da Barthes e passa attraverso Greimas e poi Floch" spiega Federico Corradini, CEO di XChannel. E, in questo caso, consente di individuare in modo semplice ed efficace come cambia il modo di vestire quando si lavora da remoto.

Per rappresentare l'universo semantico della moda in quarantena l'indagine, condotta su un campione di utenti web composto da uomini (44%) e donne (56%) di un’età compresa tra i 24 e i 50 anni ha utilizzato un questionario netnografico (ovvero, costruito con il metodo etnografico e diffuso attraverso la rete) come premessa alla costruzione del "quadrato semiotico" del vestire in quarantena.
Vediamo passo passo le evidenze emerse dallo studio.


IL CAMBIAMENTO IN ATTO

La larghissima maggioranza del campione analizzato con approccio netnografico (il 92% - più di 9 utenti su 10) ha dichiarato che il proprio modo di vestire per lavorocambiato in questi due mesi di quarantena.
Va tenuto conto che questo è stato per la maggioranza degli italiani il primissimo approccio con il mondo e il modo di lavorare in smart working e da remoto.


VESTIRE IN QUARANTENA

Ma quale (o quali) direttrici ha preso il cambiamento? La prima linea di tendenza è quella della comodità: vale per il 56% degli intervistati. Al secondo posto l’informalità: più di un quinto (21%) del campione pensa di essersi vestito più informale di prima. Al terzo posto c’è il vestirsi in maniera più sportiva. Ha risposto così il 17% dei partecipanti. Un dato che si parla con il boom di acquisti registrati online per tutti i prodotti utili a fare della casa una “nuova palestra”: tappetini da yoga, pesi, elastici.


DAL MEETING ALLA VIDEOCONFERENZA

Queste direttrici di comodità, informalità, sportività come si sono intrecciate con la necessità di condurre meeting con colleghi, manager, fornitori, clienti? Per i più l’influenza si è fatta sentire eccome, anche negli incontri virtuali di lavoro: il 63% degli utenti si è infatti vestito in maniera diversa per le videoconferenze. Questo è un dato centrale: significa che i cambiamenti nel nostro modo di vestire in quarantena hanno già influenzato anche il nostro modo di presentarci agli altri, siano essi colleghi o clienti/fornitori.


INCONTRARSI DA REMOTO

Ed è qui che prende forma la conclusione dello studio netnografico di XChannel. In videoconferenza infatti i comportamenti si polarizzano in maniera chiara. Se una minoranza si presenta ancora in maniera formale (13%) quasi il triplo si sente a suo agio se informale, stile che certo ben si adatta allo strumento (33%). Emergono altri due tipi di mettersi davanti allo schermo e a favore di telecamera: il casual, che pesa quasi come l’informale (32%) e infine lo sportivo che con un pur piccolo 7% ben dialoga però con il trend casa=palestra della quarantena.


L’interpretazione semiotica

Per indagare le ragioni e le tendenze che hanno indotto il campione interrogato a dare queste risposte è stato utilizzato un approccio semiotico. Nello specifico, per analizzare i risultati ottenuti è stato usato il cosiddetto "quadrato semiotico" che, individuata la categoria del vestire in quarantena, ha permesso di articolarla in quattro posizioni (attraverso tre diverse relazioni: contrarietà, implicazione, negazione) che rappresentano anche, nemmeno a farlo apposta, alcuni dei più comuni “tipi” del presentarsi in quarantena agli altri, quando cioè entrano in gioco le regole dello stile, della moda e dell’apparire.

Partendo dalla relazione di opposizione tra i “tipi” rappresentati da formale e informale, lo studio ha esplorato il campo semantico della relazione contrarietà/presupposizione tra il businessman IRRIDUCIBILE [formale] e il più flessibile TECHY [informale]: due modi di affrontare le videoconferenze da casa agli antipodi quanto d’immediata comprensione.

Da questa relazione si può derivare quella dei subcontrari ATHLEISURE [sportivo] versus SUPER-COMFY [casual], che a loro volta hanno un rapporto di implicazione oppure di contraddizione con i termini che li sovrastano. Il risultato è il quadrato semiotico presentato più sopra.

Complicato? In realtà non lo è, perché questo apparente groviglio di relazioni logiche identifica una mappa, una “topografia del senso”, quattro modi di attribuire valore ai codici che usiamo nel vestire, per svelarci agli altri per quello che siamo o che vogliamo comunicare di essere.

I tipi conseguenti sono individui molto ben definiti e immediatamente identificabili, che abbiamo tutti incontrato - virtualmente, s’intende, ma non troppo - in questi giorni di lockdown. Li incontreremo anche nel mondo fisico, ora che il peggio è alle spalle? Il buon senso direbbe di sì: fenomeni indotti a lungo e in un contesto per molti versi traumatico non possono che lasciare il segno. Soprattutto se si collocano nella direttrice di mutamenti ancora più ampi e strategici. Un esempio: il 69% dichiara di aver introdotto nella propria quotidianità la tuta, ma il trend degli sweatpants era in atto già da un paio di stagioni. E infatti alla domanda se il modo di vestire in quarantena avrà un impatto diretto e duraturo quasi un quinto degli intervistati ha risposto di sì.

Sottolineiamo però che tutti questi modelli, questi tipi, sono in costante mutamento, come lo è ogni segmento del mondo del fashion. Il quadrato viene qui utilizzato proprio in quanto strumento dinamico che permette analisi duttili ma al contempo precise.

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